A casa gli amici del giaguaro...e adesso?

E adesso è un gran casino, ma d'altra parte lo era già prima, quindi nessun cambiamento epocale: si cambia maitresse, in sostanza.
Quello che un po' mi preoccupa è chi sarà il nuovo interprete del ruolo, perché se, come dicono i sondaggi, il nano è strafavorito, mi trovo d'accordo con Grillo: altri cinque anni in suo ostaggio non li reggerebbe nessuno.
Ormai chiunque con un minimo di intelligenza dovrebbe aver capito cos'è Berlusconi: un nulla travestito da tutto. Non potrà mai fare gli interessi del paese non (solo) perché non lo voglia, ma perché non ne è capace: non riesce a considerare, a vedere, a capacitarsi dell'esistenza di chiunque non sia se stesso.
Il suo non è un partito, ma una via di mezzo fra una religione e un'agenzia pubblicitaria. Da un lato il culto del superuomo, dell'immortale, del divino. Dall'altro, la tartassante campagna elettorale ormai perenne, fatta di parole vuote e bugie, fatta di "IO sono meglio", e se qualcuno gli chiede perché, non otterrà risposta; "Perché sì", è la risposta sottintesa.
Che anche nelle elezioni perse FI sia risultato il partito italiano più votato, credo sia l'ulteriore dimostrazione della faciloneria e della creduloneria del popolo italiano.

Ma, una volta certo che il nano sia il peggiore, e che chiunque sia meglio di lui, mi guardo intorno per individuare questo “chiunque”: e qui mi cascano le braccia di nuovo. Riporto l'amaca di Serra tratta da Repubblica del 27 gennaio, che mi sembra spiegare benissimo la situazione dei partiti minori di destra:

"Avevamo lasciato l'onorevole Fini, un mesetto fa, che capeggiava tumultuanti assemblee del suo partito denunciando la prepotenza di Berlusconi e reclamando libertà dal suo ingombrante protettorato. C'era appena stata la pantomima dei gazebo e dei "dieci milioni di voti", enorme balla di un enorme ballista, e pareva che An, vistasi annessa senza neanche una telefonata, si fosse ricordata di possedere una propria identità e addirittura una propria autonomia di pensiero. Fini, tra le ovazioni dei suoi, mandò a quel paese Berlusconi e invocò per il centrodestra un futuro alternativo con un leader alternativo.
E' durata lo spazio di un Natale l'ora d'aria di Fini e del suo partito. Il profumo delle elezioni deve aver suscitato nel leader di An lo stesso effetto che l'odore dei croccantini produce nei gatti di casa: la breve passeggiata sui tetti, con il brivido della libertà, si interrompe ai primi richiami del padrone. I proprietari dei gatti sanno bene che, a volte, il micio arriva prima ancora che il cibo sia nella ciotola: basta il rumore della scatoletta a farlo accorrere."

Non fa una grinza: il paragone tra Fini e l’animale domestico regge benissimo. E non mi pare molto diversa neanche la situazione di Casini: semplicemente il proclama di ribellione era stato urlato un po’ prima e un po’ più ad alta voce, quindi ancor più umile e meschino sarà il ritorno all’ovile.
Ma che senso ha avere delle idee, esprimerle, rappresentarle, se tanto poi vengono sacrificate in un attimo pur di salire sul carro del vincitore? L’unica risposta possibile è che la vittoria, non il bene dell’Italia, è l’obiettivo finale di questa gente. Come e perché non gli interessa, gli basta avere il voto, la poltrona.
La politica italiana si è trasformata in una sottospecie di tifo da stadio, in cui i “nostri” sono i buoni e “gli altri” i nemici, e in cui i toni e i comportamenti sono più volgari e cafoni di quelli di qualunque curva d’Italia. Ma sotto le parole di fuoco, c’è il vuoto delle idee.
In conclusione mi sembra che votare pere un qualsiasi partito di destra equivalga a votare Berlusconi. Dunque, votare da quella parte mi sembra improponibile.

Ma la sinistra non è messa molto meglio. Anche se con modalità diverse, e soprattutto con la solita dose di confusione in più, credo che il rapporto fra partitini e partitoni riconducibile alla dinamica dei croccantini sia applicabile anche a sinistra: tutti i gruppi minori, a cominciare dai tanto temuti comunisti, fanno a gara a minacciare crisi in tempi di governo per poi rappacificarsi quando le elezioni sono in vista. Né molto diverso è il comportamento dei vari Di Pietro, Dini, e di tutti quei partiti a conduzione familiare che tanto spopolano nel nostro paese. L’unico che ha avuto il “coraggio” di andarsene davvero è stato Mastella, non a caso: vedeva profilarsi la nuova legge elettorale in cui i partiti-microbo come il suo avrebbero giustamente contato un bel nulla. Poteva correre questo rischio? Non sia mai! Meglio far cadere il governo, chi se ne frega delle conseguenze? L’importante è salvarsi il culo.
Rimane il partito principale, il PD. Qui le valutazioni si fanno più incerte, visto che è nato di recente e ancora non si è capito bene di che morte dovrà morire. Però certi nomi negli organi costituenti fanno rabbrividire: Binetti, De Mita, Bassolino... Tutta gente con cui non vorrei più avere a che fare. Oltretutto votare per il centrosinistra vorrebbe dire rendere fiducia alla stessa maggioranza che ha fallito miseramente con l’ultimo governo, mettendo insieme i cocci senza neanche un po’ di colla. E neanche questo mi sembra auspicabile.

In conclusione, torno al punto di partenza: mi sembra un gran casino, e se dovessimo votare adesso non saprei proprio come prendere una decisione. Forse alla fine potrei davvero non votare, visto che qualunque preferenza dovessi esprimere lo farei tappandomi il naso. O forse succederà come l’ultima volta: pur vergognandomi enormemente, la campagna pubblicitaria del nano mi suscitò tanto schifo che alla fine votai per Prodi. Perché questo dobbiamo fare in questo paese: rovistare nello schifo e scegliere il meno schifoso. Per questo, forse, sono uno di quelli che votando Prodi è rimasto meno deluso dal suo governo: mi aspettavo talmente poco già in partenza, che fare ancora meno era davvero difficile.